L’immagine più iconica del complesso di inferiorità è il personaggio di Fantozzi, interpretato dal grande Paolo Villaggio. Ovviamente si fa per sdrammatizzare. Tuttavia questo problema non è affatto uno scherzo. Tutti prima o poi sperimentano una sensazione di inadeguatezza.
Quando però questo stato d’animo diventa costante e dominante, compromette la qualità della vita. Ciò si verifica in ogni ambito, dal lavoro ai rapporti sociali, dalle relazioni al benessere psicofisico. Uno degli aspetti distintivi è la poca fiducia nei propri mezzi, ma c’è pure molto altro.
Infatti la scarsa autostima riguarda principalmente il rapporto con sé stessi. Invece il complesso di inferiorità coinvolge sempre anche il mondo esterno. Il senso di soggezione di solito si rivolge genericamente verso il prossimo. In alcuni casi però ha “come oggetto uno specifico soggetto”.
Spesso inoltre questo comportamento si estende a un intero gruppo con caratteristiche simili. Ad esempio, una persona di bassa statura potrebbe sentirsi in imbarazzo tra “gente alta”. Per finire il punto debole cambia a seconda di quelle che si considerano i propri difetti e insufficienze.
Le più diffuse sono: l’aspetto fisico, l’intelligenza, lo status e la ricchezza. In sintesi pensi che qualcuno, o gli altri in senso ampio, siano più belli, felici, ricchi o capaci di te. Se ne hai abbastanza di non essere mai abbastanza…qui troverai il necessario per dare inizio al cambiamento.
Cause complesso di inferiorità
Da dove arrivano le fissazioni che ti fanno sentire uno gnomo nel paese dei giganti? Secondo lo psichiatra Alfred Adler il complesso di inferiorità è innato nell’individuo. Tuttavia svanisce naturalmente con lo sviluppo. In pratica il neonato dipende dagli altri per ogni bisogno.
Inoltre dal suo punto di vista, chiunque è più grande, più forte e migliore di lui. Col tempo però acquisisce sicurezza e autonomia. A volte qualcosa blocca questo percorso di crescita personale. Quindi si resta nella condizione di subordinazione più a lungo, o addirittura in modo permanente.
Di parere diverso è però lo psicologo e saggista Richard Bandler. Per lui ogni persona ha la capacità di determinare il proprio futuro a dispetto dal proprio passato. Famosa è infatti la sua frase: non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice. Alcuni in verità pensano sia dello scrittore Tom Robbins. A prescindere dalla paternità, quello che conta è il senso del discorso.
In sostanza il complesso di inferiorità ha diverse radici, o meglio “concause”. Le componenti principali sono: genetica, ambiente, educazione ed esperienze. Qualunque sia o siano, c’è per fortuna una buona notizia. Il rimedio esiste, è alla portata di tutti, e quindi anche alla tua.
Sintomi complesso di inferiorità
L’espressione “complesso di inferiorità” già porta con sé un indizio rivelatore. La sua “complessità” sta infatti in un ricco mix di sfumature emotive e di risvolti comportamentali. In base al momento, al contesto e al carattere di una persona, si manifesta nei modi più svariati e contrapposti.
Ad esempio si ha depressione o agitazione, timidezza o aggressività, indecisione o impulsività. Come riconoscere un problema così sfaccettato? A dire il vero è più facile di quanto pensi. In pratica, chiunque mostri questi sentimenti negativi, ne soffre a un certo livello, consapevole o non. Esistono parecchi segnali che indicano la presenza di questo disagio. I più comuni sono:
Bassa autostima. La scarsa consapevolezza del proprio valore determina il senso di inadeguatezza. Questo a sua volta mina la fiducia in sé stessi. Si tratta di un circolo vizioso che si autoalimenta.
Timidezza, indecisione e accondiscendenza. Il comportamento denota debolezza e passività.
Bisogno di compiacere gli altri, della loro attenzione e approvazione. Di solito i soggetti con poca autonomia e carattere, vivono un rapporto di dipendenza affettiva nel lavoro e nelle relazioni.
Scetticismo verso amore, affetto e amicizia. Chi soffre di un complesso di inferiorità pensa di non meritare vero interesse da parte del prossimo. Quando ne riceve quindi dubita della sua sincerità.
Fobia e ritiro sociale. Se spesso non ci si sente all’altezza della situazione, si evitano tutte quelle circostanze che risvegliano questa sensazione. Ben presto il sistema di difesa diventa isolamento.
Gelosia e invidia. La consapevolezza di “non essere mai abbastanza” diventa desiderio di emulazione. In questo caso però si sviluppa la forma più tossica e distruttiva del sentimento.
Ingigantire i propri difetti e i pregi degli altri. Si guarda il mondo e sé stessi con lenti deformanti.
Come superare il complesso di inferiorità?
La natura di un problema determina pure la sua gravità e quindi la soluzione. A volte infatti si tratta semplicemente di qualcosa transitorio, o legato a un particolare contesto. È un po’ come la differenza tra paura e fobia, tra intolleranza e allergia. Nel caso del complesso di inferiorità, la forma patologica richiede un aiuto professionale. Il percorso più indicato è infatti la psicoterapia.
La strategia prevede l’analisi profonda del disagio per trovare le sue cause. L’obiettivo è diventare consapevoli dei meccanismi inconsci che attivano quella reazione emotiva. Si lavora su nuovi schemi mentali per acquisire una consapevolezza sana e reale di sé stessi. In tutti gli altri casi, ecco qualche consiglio per superare la forma più “lieve” del disturbo.
Prima di attribuirti limiti e difetti, scopri quali sono
Forse ti ritieni fragile, stupido o noioso, tuttavia spesso si tratta di convinzioni irrazionali o falsate. Se eviti ogni occasione per sperimentare le tue capacità, non le conoscerai mai davvero. Infatti il complesso di inferiorità è una percezione di inadeguatezza, ma soprattutto un blocco mentale.
Il timore o l’esitazione quando parli o agisci, soffocano qualsiasi dote o talento. Magari sei acuto e brillante, però troppo timido per mostrarlo. Tutto quello che sei e che sai quindi resta nascosto. Il rischio è diventare ciò che gli altri vedono. Ben presto crederai pure tu di essere soltanto questo.
Invece ci sono lati del carattere che emergono solo in particolari circostanze. In sostanza è assurdo attribuirsi tanti limiti o difetti, ancora prima di capire quali sono. Inoltre, anche quando li scoprirai, non sono certo quelli che ti definiscono. Hai sempre tempo e modo per cambiare e migliorare.
Evita il paragone, non il confronto
Sotto il profilo linguistico, i due termini “confronto” e “paragone” sono in sostanza dei sinonimi. Tuttavia c’è una sottile differenza. Il primo in pratica entra in gioco quando due elementi sono in contrapposizione o competizione. Il secondo invece ne isola ed evidenzia gli aspetti simili.
Nella vita capitano sempre occasioni di dibattito o contesa, e fin qui è tutto normale. Gli individui però sono diversi, quindi ogni paragone è inutile e improduttivo. Il complesso di inferiorità infatti nasce perché cerchi la somiglianza nella diversità e provi delusione se ovviamente non la trovi.
Non aver paura del confronto, perché questa dinamica è parte della convivenza e dell’interazione sociale. Però non cercarlo a tutti i costi. L’iper-competitività è l’altra faccia della medaglia. Spesso infatti l’ostentazione della sicurezza nasconde proprio il problema opposto. Detto questo, evita il paragone col prossimo. Sei migliore o peggiore solo rispetto a te stesso.
Il complesso di inferiorità secondo Tommaso Moro
C’è una famosa preghiera, di origine incerta, citata in diversi film e meme su internet. Alcuni la attribuiscono a San Tommaso Moro. Per altrii invece è del teologo Reinhold Niebuhr, di Marco Aurelio o addirittura di San Francesco d’Assisi. Di chiunque sia, quello che conta è il significato.
Questa infatti recita “…dammi la forza di accettare quello che posso cambiare, il coraggio di cambiare ciò che posso e la saggezza per capire la differenza”. Che c’entra questa frase con il nostro discorso? Beh, come detto prima, se c’è qualcosa di te che non ti piace, modificala.
Se non è possibile, accettalo con serenità. Spesso si tratta di un percorso lungo e difficile, però alla fine ti rende libero, come ogni verità. Se sprechi il tempo a sentirti piccolo, non saprai mai davvero quanto puoi essere grande. Il tuo complesso di inferiorità diventa il passaporto per l’infelicità.
Analizza gli sbagli e soprattutto perdonali
Come detto in principio, il vissuto influisce molto sulla considerazione che si ha di sé stessi. Vittorie e sconfitte quindi costruiscono o demoliscono l’ego di volta in volta. Continui e ripetuti errori gettano nello sconforto. Inoltre generano e alimentano il complesso di inferiorità.
Un fallimento è sempre spiacevole, inutile negarlo. Come se non bastasse è anche irreversibile. Se perdi, il risultato non si cambia. L’unica opzione è evitare che lo stesso evento si ripeta. A questo punto ci sono due strade. La prima è affidarsi al caso. La seconda è capire cosa è andato storto.
In verità c’è pure un’altra cosa da fare. Ammettere lo sbaglio commesso, assumendosi la responsabilità invece della colpa. Guai a “saltare” questa fase del processo di guarigione. Se ciò accade infatti, tutti i successi del mondo non basteranno a perdonarsi una sola mancanza. Come sempre, qui finisce il nostro viaggio insieme, e comincia la tua avventura, però restiamo in contatto. Noi siamo qui, scrivici quando vuoi con un commento.