Intorno alla professione del life coach c’è molta confusione o cattiva informazione. L’immaginario collettivo la associa a scene di folle in delirio o rituali come la camminata sui carboni ardenti. Tuttavia questa è solo una piccola parte della realtà.
Per partire con il piede giusto cominciamo col dire cosa non è e cosa non fa un life coach. È diverso da uno psicologo o da uno counselor. Però spesso collabora con queste figure, in un approccio olistico e multidisciplinare.
Il suo rapporto con il cliente è paritario, quello tra psicanalista e paziente è invece asimmetrico. Infatti da una parte c’è chi detiene il sapere, dall’altra chi ne attinge per risolvere un problema. Il life coach non lavora su disagi o patologie. Non è una terapia ma una collaborazione.
Per questo motivo è inutile rivolgersi a lui se si hanno malesseri interiori irrisolti. Il life coach non fa una diagnosi o prescrive la cura. Non indaga sul passato per equilibrare il presente, ma lavora sul presente per migliorare il futuro.
Il rapporto tra il life coach e l’assistito non sviluppa dipendenza ma autonomia. Il percorso si interrompe in qualunque momento senza conseguenze. Invece una psicoterapia va conclusa gradualmente per evitare il cosiddetto effetto rebound.
È il terapeuta che indica la soluzione al paziente. Al contrario il life coach presume che il cliente possegga già le chiavi. Lo aiuta solo a trovarle più rapidamente. Non è una scorciatoia per la felicità e il successo ma un metodo di azione più razionale e mirato.
Cos’è un life coach?
Una definizione universalmente condivisa di non c’è. Spesso si declina in base al contesto. Infatti esistono: mental coach, business coach, team coach, personal coach, ecc. Queste specializzazioni lavorano rispettivamente in ambito agonistico, societario, in gruppo o individualmente.
Il termine ha origine nella parola francese “coche”, cioè cocchio. L’altra versione è che provenga dalla città ungherese di Kocs, famosa per la fabbricazione di carrozze. In entrambi i casi il suo significato allegorico è quello della vettura che conduce a destinazione.
Compare nel mondo universitario anglosassone tra il 1800 e il 1900. Dagli anni ’70 in poi si “usa in USA” anche in ambito sportivo e aziendale. Quindi cos’è un life coach? È un allenatore del talento e del potenziale, un’alleanza sinergica tra guida e assistito. Rappresenta un insieme di strategie per aiutarlo a realizzare e investire su sé stesso.
Questa disciplina deriva da campi e scienze come filosofia, psicologia e sociologia. Si struttura in un percorso pratico basato sul fare e sull’apprendimento operativo. È una sorta di rivoluzione culturale e di prospettiva.
Cosa fa?
Il life coach facilita il percorso di crescita e di miglioramento personale e professionale. Il suo terreno di lavoro sono emozioni quali insicurezza, paura, insoddisfazione, stress e infelicità. Agevola l’individuazione di obiettivi realizzabili e fornisce la motivazione per raggiungerli.
Ogni individuo conosce già le risposte di cui ha bisogno. Il compito del life coach è fare le domande giuste. Aiuta a chiarire desideri e ambizioni, identificando le priorità. È una guida nel ritrovare la parte più autentica di sé. In questo modo le energie si focalizzano e si indirizzano nella giusta direzione.
Questo processo non sempre vuol dire correre più veloce e più lontano. Si basa sul carattere e sulle vere esigenze della persona. La serenità a volte significa recuperare il proprio ritmo. L’equilibrio è anche riscoprire il valore della pazienza e dell’attesa.
Il life coaching sprona a mettere ordine nella mente, eliminando ciò che non serve. Individua i meccanismi di auto-sabotaggio, i blocchi, i pensieri negativi. Analizzando il cliente, evidenza i punti deboli su cui lavorare e ne valorizza quelli di forza. È il suo primo sostenitore, per fargli ritrovare l’autostima che “non è perduta ma solo smarrita”.
Le tecniche di un life coach sono in continuo adattamento. Lungo il cammino si valutano i progressi e si cambiano le mosse. L’impresa è conquistare una maggiore sicurezza nelle proprie capacità, determinazione ed entusiasmo.
Un buon risultato è fare in modo che quei processi guidati diventino automatici e durevoli. Il cliente non avrà più bisogno del proprio sponsor e procederà da solo con ritrovato equilibrio.
Quando, come e perché seguire un percorso di life coaching
A volte ci si sente come davanti a un bivio, o addirittura a un vicolo cieco. Nasce l’esigenza di modificare qualcosa, di diventare protagonisti della propria storia. Ecco, quello è il momento giusto per rivolgersi a un life coach.
Il fine è il cambiamento, il life coaching è il mezzo, ma non può essere scelto a caso. Bisogna affidarsi ad un professionista serio e responsabile. Deve possedere qualifiche reali e verificabili. Un buon consiglio è controllare sia le credenziali che le recensioni di altri clienti.
Le sessioni di life coaching si svolgono sia frontalmente che da remoto. Quest’ultima opzione è comoda per rintracciare operatori che si trovano logisticamente distanti. Però perché affidarsi a un life coach? Per sfruttare un sistema pratico e personalizzabile, concepito per aiutare gli individui a migliorare la qualità della propria vita.
Perché è una figura importante
I rapidi e costanti mutamenti della società, a volte disorientano. La perdita di punti di riferimento genera scelte sbagliate o azioni poco incisive. Spesso da soli non si ha la forza o la lucidità per trasformare ciò che si è in ciò che si vuole essere.
È difficile lottare contro il proprio “self talk” autolimitante. Un punto di vista imparziale riconosce meglio le opportunità. In questo senso la guida di un life coach è importante per non sprecare tempo e risorse dietro progetti inconcludenti.
Il principio vale sia per i momenti salienti che per la quotidianità. Si attiva così un circolo virtuoso che porta ad abbandonare abitudini tossiche in favore di quelle costruttive. Con l’assistenza di un buon life coach si impara a relazionarsi con sé stessi e con gli altri.
Come diventare un life coach
Non esiste un iter didattico univoco e ufficiale, specialmente in Italia. Il primo tentativo di regolamentare l’attività risale al 2015, con la Norma Italiana UNI 11601. Ci sono molti percorsi formativi, differenti in base ai professionisti e alle strutture che li erogano.
Negli Stati Uniti la situazione è un po’ diversa. Qui si trovano veri e propri moduli assimilabili a master e corsi universitari. Un buon modo per cominciare è prendere una laurea di primo livello in Psicologia o Scienze della Formazione.
Si prosegue poi con corsi e seminari specialistici. Meglio scegliere quelli riconosciuti da organizzazioni nazionali e internazionali. Le principali sono: la ICF (International Coach Federation), la AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti) e la ACTO (Association of Coach Training Organization).
I costi da sostenere variano a seconda delle scuole e dei livelli acquisiti. Il passo successivo è trovare un mentore serio, a sua volta in possesso di certificazioni reali e verificabili. Conta molto anche l’esperienza sul campo. Ogni caso seguito, serve a progredire e diventare un life coach migliore.
Per trovare clienti bisogna saper promuovere sé stessi. Una buona strategia di marketing è trovare una nicchia e specializzarsi in quella. Infine, ciò che fa davvero la differenza è l’individuo stesso. Per fare il life coach è essenziale avere una buona predisposizione.
Tra le qualità indispensabili ci sono: capacità di ascolto e problem sollving, empatia, multitasking, ottimismo e spirito imprenditoriale.
Quanto si guadagna?
È difficile quantificare quale sia il reddito reale o potenziale di un life coach. Non c’è un ordine, un albo o un sindacato a cui fare riferimento. Siamo nel puro ambito del libero mercato. Tutto sta al talento del professionista e alla sua capacità di acquisire clienti.
Migliore è la sua credibilità, maggiore è la fama, più elevati sono i compensi. Si va da un minimo di 20mila euro a oltre 100mila euro l’anno. Il guadagno non deriva solo dalle persone seguite, ma dal “merchandising” complessivo.
I life coach famosi tengono seminari dal vivo, vendono libri, videocorsi, webinar, ecc. Ci sono poi i contenuti on demand e quelli gratuiti sui social, che attirano pubblicità e alimentano il proprio personal branding.
I 6 life coach più famosi
Se escludiamo il Papa e il Dalai Lama, la lista dei life coach famosi si aggiorna circa ogni 5-10 anni. Tuttavia ci sono dei nomi che riecheggiano nel settore ormai da diverso tempo. Ne abbiamo scelti 6, tra stranieri e italiani.
- Tony Robbins. Forse tra i guru motivazionali più noti al mondo. Tra i suoi clienti figurano Bill Clinton, Michail Gorbacëv, Donald Trump e Lady Diana. È specializzato life coaching, in PNL (programmazione neuro linguistica), NAC (condizionamento neuro associativo) e ipnosi Ericksoniana.
- David Laroche. Classe 1989, ha cominciato giovanissimo ed è tra i più accreditati a livello internazionale. Era un adolescente problematico e oggi aiuta migliaia di persone. È anche molto stimato dagli altri colleghi del settore.
- Tracy Ward. Il life coaching sembra un mondo tutto al maschile ma ci sono valide eccezioni. La Ward lavora principalmente con le donne ma si rivolgono a lei anche dirigenti aziendali e personalità di spicco in ogni campo. È anche consulente di società quali Telstra, KPMG e Deustche Bank.
- Roberto Re. Lo chiamano il Tony Robbins nostrano, e non a caso è stato proprio suo allievo. Scrive libri che sfiorano il milione di copie vendute. Opera da oltre 25 anni ed è titolare di circa 40 centri a livello nazionale.
- Claudio Bellotti. Anche lui allievo di Tony Robbins, è ideatore del sistema One Hand Coaching. Ha conseguito il Master Trainer in NLP for Business con Richard Bandler. Quest’ultimo, insieme a John Grinder, è il fondatore della Programmazione Neuro Linguistica.
- Mario Furlan. Creatore dell’Alfacoaching, orientato al benessere di corpo e mente. Appassionato di arti marziali, di cui è anche istruttore, ha creato “Wilding,”. Si tratta di uno stile di difesa personale fisico e comportamentale, basato su comunicazione e autostima.
Differenza tra mental coach e life coach
Il confine tra queste due figure è davvero sottile. Lo scopo di entrambe è cambiare la realtà interiore per agire su quella esteriore. Il life coach aumenta la serenità della persona attraverso la sua realizzazione globale. Gli mostra il potere nascosto o sopito dentro di lui. Programma le azioni volte a conseguire un obiettivo preciso e visualizzabile.
Il mental coach aiuta il cliente a costruire un atteggiamento vincente. Lavora per potenziare le risorse emotive come volontà e resilienza. Si focalizza sullo stato d’animo e sul carattere. Si potrebbe dire che il life coach è come il medico generico, il mental coach come uno specialista.
Allora vuol dire che life coach è anche mental coach ma non il contrario? Non esattamente. Se parlassimo di calcio, il primo aiuta a vincere una partita, il secondo ad arrivare alla fine del campionato.
Abbiamo usato questo termine di paragone non a caso. Infatti la figura del mental coach è molto diffusa in ambito sportivo. L’allenatore prepara l’atleta o la squadra sotto il profilo fisico. Però se il o i giocatori “non ci stanno con la testa”, è tutto inutile.
Ne sa qualcosa Federica Pellegrini. Curata nel 2008 per un broncospasmo, inizia a soffrire di ansa e attacchi di panico. Il corpo funziona ma la mente non vuole collaborare. Si rivolge così a Daniele Popolizio, psicologo e mental coach. Da allora il training in vasca è solo una parte della sua preparazione.
Ora che sai di più sull’argomento, qual è la tua opinione? Ti affascina il mondo del life coaching? Pensi che possa essere un mestiere adatto a te? Faccelo sapere in un commento.
si sembra tutto cosi facile.