La vita professionale e personale presentano spesso piccole e grandi difficoltà da superare. Ogni individuo sperimenta queste esperienze, ma non tutti le gestiscono allo stesso modo. Il problem solving è proprio l’attitudine ad affrontarle in modo efficace.
Ci sono infatti soggetti che reagiscono in maniera rapida e appropriata. Altri impiegano più tempo e faticano a giungere ad una soluzione utile. Differenze così marcate, in parte sono frutto di predisposizioni. Tuttavia, come molte abilità, la chiave sta nell’addestramento e nel metodo.
Anche chi non possiede doti spiccate di problem solving può acquisirle con l’impegno e la pratica. Fin qui il discorso sembra un po’ generico e astratto. Però andando avanti nella lettura ti sarà tutto più chiaro.
Cos’è il problem solving
Si tratta della capacità di risolvere problemi, ma non solo. L’affermazione è esatta, ma intercetta appena la punta dell’iceberg. Il problem solving è allo stesso tempo un talento e un insieme complesso di processi.
Comprende l’approccio mentale, le strategie per avere la meglio sulle criticità e gli strumenti per attuare la soluzione. Rientra nelle soft skills, ovvero le competenze “trasversali”. Queste sono qualità psicologiche che trasformano le conoscenze in azione funzionale.
Alcune di esse sono: resilienza, comunicazione, empatia, flessibilità, resistenza allo stress, organizzazione e leadership. È altresì un modo per oltrepassare i limiti del proprio sapere. Infatti il comportamento è in gran parte il risultato delle esperienze fatte.
Però quando ci si trova davanti ad una situazione nuova, ciò che si sa non basta più. Occorre adattarsi o imparare velocemente una nuova procedura. Il problem solving è quindi anche saper pensare fuori dagli schemi.
A cosa serve?
Il problem solving è essenziale in ogni manifestazione della vita. Si attiva appena svegli decidendo cosa mangiare, cosa indossare o quale mezzo usare per andare al lavoro. Però la risposta alla domanda, anche stavolta, coinvolge un quadro più ampio.
Le tecnologie automatizzano progressivamente ogni ambito lavorativo e della quotidianità. L’intervento dell’uomo è sempre più superfluo in tante attività. Per questo motivo, intuito e creatività sono elementi molto preziosi. In altre parole fanno la differenza.
Ciò vale in particolare in un mondo in cui l’intelligenza artificiale sostituisce quella delle persone. Inoltre abbiamo già accennato alle soft skills. Queste si differenziano dalle hard skills, che sono invece delle qualifiche documentabili e valutabili.
Si parla ad esempio della dimestichezza in una lingua straniera o nell’uso di un particolare software. Il problem solving è una competenza trasversale, eppure è funzionale a quelle di tipo tecnico.
Infatti grazie ad essa si reclutano le giuste hard skills per superare un ostacolo in modo ottimale. Quindi a cosa serve? A distinguersi e creare valore aggiunto. Ad essere più produttivi, ottimizzando tempo e risorse. È indispensabile nei momenti di impasse che sarebbero negativi per il lavoro e per la salute.
Come funziona: 5 fasi di problem solving
In letteratura, in campo scientifico e aziendale esistono diverse tecniche di problem solving. Tuttavia, molte persone spesso ne usano o creano di proprie senza esserne consapevoli. In pratica si reagisce istintivamente, mettendo in atto la migliore risposta possibile. In via generale però la metodologia più comune prevede i seguenti 5 step:
- Identificazione. Per risolvere un problema bisogna prima individuarlo. Spesso non si trova la soluzione perché ci si concentra su quello sbagliato. Ad esempio, se fai tardi al lavoro perché non riesci a dormire, la soluzione non è prendere un sonnifero. L’insonnia è solo il sintomo di ciò che non va. Trova la causa reale (digestione, preoccupazioni, rumori) ed eliminala.
- Analisi. Nel problem solving è utile avere quante più informazioni possibili. Solo avendo il quadro completo si possono prevedere possibili scenari e conseguenze.
- Valutazione. Un problema può avere più di una soluzione, ma non si può adottarle tutte. Si sceglie quella con maggiori probabilità di successo o minori di fallimento. Un altro metro è calcolare quanto tempo occorre per realizzare ciascuna o quante risorse impiegare (denaro, energia, ecc).
- Azione. Una volta scelta la via da prendere, bisogna eseguire concretamente la decisione. Anche questo passaggio implica una micro fase di pianificazione. Tutti i soggetti coinvolti sanno così esattamente cosa e fare e come.
- Controllo. Agire non vuol dire non poter tornare più indietro. La verifica è fondamentale per aggiustare il tiro o per acquisire altri dati preziosi per il futuro.
Esempi di problem solving: i metodi più diffusi
Oltre al metodo intuitivo ne esistono diversi “codificati”. Conoscerli è utile per testare quello più adeguato alle esigenze. Si può anche sfruttarli tutti, creando delle combinazioni tra i principi che si ritengono più validi.
FARE. Riassume le azioni elementari di Focalizzare, Analizzare, Risolvere, Eseguire. Si individua il problema, lo si sviscera, si sceglie una soluzione e si agisce, fino alla valutazione.
DMAIC. Racchiude le iniziali della procedura: Define. Measure, Analyze, Improve and Control. Nelle rispettive fasi prevede la definizione del processo, la misurazione dell’efficacia e l’analisi dei dati. Per finire ci sono le fasi di implementazione e controllo del risultato.
STAR. Sta per Stop, Think, Act, Review (fermati, pensa, agisci, valuta). Durante la fase di pausa bisogna creare la condizione di pace ottimale per la riflessione. Successivamente si elabora il problema, si attua la soluzione e infine si esamina il risultato.
APS. È l’acronimo di Applied Problem Solving. I sistemi più elaborati sono perfetti per casi specifici, ma poco efficaci fuori contesto. Questo è un metodo volutamente semplice, adattabile a situazioni differenti.
FMECA. Vuol dire Failure modes, Effects and Criticality Analysis. Nasce dal settore progettuale NASA. È molto accurato e trasferibile dall’ingegneria a qualunque sistema richieda valutazioni di criticità.
PDCA. Abbreviazione di Pianifica, Prova, Verifica, Agisci (Plan, Do, Check, Act). Si progetta, si sperimenta e si analizzano le azioni. Infine, se tutto funziona, si valida il processo.
5W2H. Tecnica delle 5W più 2H cioè Who, What, Where, When, Why, How and How many. La traduzione è: chi, cosa, dove, quando, perché, come e quanto. La risposta a queste sette domande aiuta a inquadrare il problema in ogni sua angolazione.
Analisi di Ishikawa. Collega causa ed effetto. Analizza il secondo per risalire alla prima. Si procede eliminando ogni radice secondaria, man mano che si individua quella più probabile.
Il Brainstorming e i 6 cappelli
Merita un paragrafo a parte la tecnica di problem solving nota come brainstorming. Si tratta della famosa “tempesta di cervelli”, molto usata in ambito manageriale. Di solito si utilizza nelle dinamiche di gruppo, liberando il pensiero creativo. Un presupposto essenziale è il non essere giudicati.
Spesso infatti si rinuncia ad un’idea per timore che venga rifiutata o considerata stupida. In questo caso non importa quanto sia assurda un’affermazione. L’unica regola è la pura spontaneità. Il brainstorming è quasi sempre molto produttivo. Le implicazioni conducono a soluzioni geniali con svolte inattese.
Restando in tema di team working, esiste un’interessante variazione sul tema. In particolare ci riferiamo al metodo “Six Thinking Hats” o 6 cappelli per pensare. Questa tecnica di problem solving è anche il titolo dell’omonimo libro di Edward De Bono. Lo scrittore è un famoso teorico del pensiero creativo. Ecco come si struttura il sistema:
- Cappello bianco o foglio di carta. Raffigura l’oggettività, i fatti reali a disposizione o le fonti per recuperare le informazioni.
- Cappello rosso o fuoco ardente. Raffigura l’emotività, l’intuito e le sensazioni istintive.
- Cappello nero o toga del giudice. Raffigura la logica e la riflessione, evidenzia gli svantaggi e i punti deboli.
- Cappello giallo o luce del sole. Raffigura l’ottimismo, la positività, sottolinea i vantaggi e i punti forti.
- Cappello verde o pianta che cresce. Raffigura la creatività e l’originalità, per sperimentare nuove strade.
- Cappello blu o cielo. Raffigura il quadro complessivo, serve a moderare e coordinare gli sforzi.
Se lavori da solo, immagina di indossare o togliere di volta in volta uno dei cappelli. In questo modo cambi idealmente il tuo punto di vista e l’approccio al problema. Il Six Thinking Hats funziona ancora meglio coinvolgendo più soggetti. In pratica ci si divide in squadre, così che ognuna sviluppi una prospettiva differente.
Strategie per sviluppare il problem solving
La capacità di problem solving è in parte innata. Tuttavia si può acquisire o migliorare con l’allenamento e il giusto atteggiamento. Ecco alcune strategie utili:
- Procedere a piccoli passi. Se un problema appare troppo grande lo si scompone in tanti più piccoli. In questo modo si procede per gradi, risolvendone uno alla volta.
- Liberarsi dall’ansia. La paura del fallimento è la più grande nemica del successo. Se ci si fa condizionare dall’incubo di sbagliare, l’epilogo sarà proprio questo.
- Concentrarsi sulla soluzione. Per aprire una porta occorre trovare la chiave giusta. Restare a fissare la serratura non conduce da nessuna parte.
- Procedere per esclusione. Il dubbio fa sprecare tempo ed energie. Eliminare ciò che di sicuro non funzionerà, restringe il campo alle soluzioni più utili.
- Mettere tutto nero su bianco. È un consiglio valido a prescindere dalla tecnica di problem solving. Scrivendo o creando uno schema, si visualizza meglio e si stimola la concentrazione.
- Usare un linguaggio positivo. Le parole hanno un grande potere. Usare delle espressioni possibiliste e non disfattiste mantiene uno stato d’animo costruttivo.
- Badare al contesto. Spesso un problema è tale solo in determinate condizioni. Se ci si accorge di avere il frigo vuoto basta andare a fare la spesa. È però un problema se il supermercato è chiuso e non ci sono ristoranti vicini.
5 esercizi di problem solving
Ora ti chiederai: come faccio ad allenare la mia capacità di problem solving? In rete troverai link di rimando a una miriade di quesiti matematici e indovinelli. Se hai tempo e ti va di giocare, vanno tutti bene. Però in quest’ottica allora va bene anche la settimana enigmistica! Di veri e propri esercizi adatti allo scopo, noi te ne consigliamo 5:
- Giochi di ruolo. Si inscena una storia, si scelgono personaggi e ambientazione. Ci sono ovviamente degli ostacoli da superare. Il fattore determinante è il divertimento. Un problema, posto in una veste ludica, aiuta a pensare in maniera differente.
- Immaginare lo scenario finale. Si tratta di ipotizzare la situazione come se fosse tutto già risolto. Si pensa alla condizione ideale, e poi si procede alla rovescia per ricostruirla.
- Peggiorare per finta. È una strategia di problem solving inusuale ma efficiente. Infatti stimola la creatività e aiuta a sbloccare il cervello. Fantasticare in negativo porta a risposte positive.
- Attivare il pensiero laterale. A casa e a scuola si insegna a risolvere i problemi seguendo i soliti passaggi obbligati. Se non si dà nulla per scontato ci giunge a vere e proprie rivelazioni. Tanto per dirne una, sapevi che la montagna più alta del mondo si trova sott’acqua?
- Riformulare le domande. La risposta spesso è già nel quesito. Rileggilo più volte. Arricchiscilo con altri interrogativi che ti vengono in mente. Ti accorgerai di quanto oltre può spingersi la tua mente.
Visto quanto è ampio il significato di problem solving? E tu quanto pensi di essere bravo a risolvere problemi? Speriamo di aver soddisfatto ogni tua aspettativa e curiosità. Lasciaci un commento per farcelo sapere.