Sandbox mentali, recinti di sabbia immaginari dove poter sperimentare e scoprire il mondo proprio come fanno i bambini quando giocano nella loro box al parco. Navigando in rete avrai probabilmente sentito parlare di sandbox riferito al mondo della cybersecurity, uno strumento informatico che permette agli sviluppatori di eseguire operazioni poco sicure, come ad esempio fare il download di file potenzialmente pericolosi, ma senza danneggiare il sistema. Ed è proprio dal mondo informatico che nascono le mental sandbox: spazi sicuri della nostra mente dove poter elaborare gli eventi strani e a volte spaventosi che succedono attorno a noi. In questo articolo scopriamo cosa sono, come utilizzarle e perché sono così importanti per la nostra crescita.
Cosa sono le sandbox mentali?
Chiudiamo gli occhi. Siamo in una box di sabbia fatta su misura per noi. Al posto di secchiello e paletta abbiamo notizie che ci hanno sconvolto o che troviamo contradditorie, assurde per noi e per la nostra percezione della realtà. Al posto del castello di sabbia dobbiamo plasmare queste notizie, analizzarle e metterci in discussione. Perché è troppo facile accantonare immediatamente ciò che non comprendiamo e accettare solo quello che fa parte della nostra scala di valori. Le sandbox mentali servono proprio a questo: affrontare le frustranti notizie quotidiane e analizzare le ambiguità. Facciamo un esempio concreto per capire meglio: lo scandalo che ha coinvolto il Dalai Lama.
Un esempio da inserire nella tua sandbox
Ricorderai di certo la notizia che ha sconvolto il mondo: il Dalai Lama, la figura più importante del buddhismo tibetano, chiede ad un bambino di succhiargli la lingua. Panico, sgomento, schifo. Il Dalai Lama si è completamente rimbecillito. Di primo acchito, giustamente, siamo rimasti tutti sconvolti dalla richiesta che il sant’uomo ha fatto al bambino tanto che il suo staff ha subito reagito dicendo:
“Sua Santità desidera scusarsi con il bimbo e la famiglia, nonché con i suoi amici in tutto il mondo, per il dolore che le sue parole possono aver arrecato. Sua santità spesso prende in giro la gente che incontra in modo innocente e giocoso, anche in pubblico e davanti alle telecamere. Si rammarica di questo incidente”.
Questo è un episodio da inserire nella nostra sandbox mentale. Per quanto sconvolgente e disgustoso è il caso di analizzarlo. Non ci soffermeremo troppo su questo esempio. Si è parlato di demenza senile, di cultura tibetana, di gioco incompreso, ma, per un motivo o per l’altro, la bufera c’è stata e ha destabilizzato un po’ tutti. Analizza, pensaci, mettiti questo evento e tutti gli altri eventi che ti hanno più colpito nella tua personale sandbox per un attimo. Cosa ne uscirà?
In cosa consiste la sandbox mentale
A parlare per primo di sandbox mentali è stato Eric Ross Weinstein, no non il regista Eric W. Weisstein! Il matematico ed economista americano incoraggia le giovani menti a porsi domande, anche scomode, su quello che succede attorno a noi senza rassegnarsi e mettere tutto sotto la stessa etichetta di pazzia collettiva. “Viviamo in tempi pazzi! Pazzi!”, come disse il professor Lumacorno in Harry Potter e il Principe Mezzosangue, frase che sembra essere azzeccata e attuale qualsiasi sia il periodo storico in cui viviamo.
Nella nostra sandbox mentale non dobbiamo avere paura. Siamo perfettamente al sicuro e possiamo farci le domande più assurde. Lo scopo infatti della sandbox è proprio questo: metterci in discussione per trovare, magari, possibili soluzioni e per coltivare la nostra elasticità mentale. Weinstein infatti ci chiede:
“Possiamo gestire quella mente [qualsiasi essa sia] abbastanza bene da capirla, entrare in empatia con essa e discutere e combattere con essa per ottenere una sorta di risultato migliore in cui siamo effettivamente in grado di trasformare i nemici in compagni di ballo?”
Approfondiamo la questione.
Come utilizzare le sandbox mentali e perché sono così importanti
Utilizzare le sandbox mentali non è facile. In una società frenetica come la nostra dove l’approfondimento di notizie e, soprattutto, delle fake news, non è il primo dei pensieri siamo portati ad accettare un po’ tutto come ci viene presentato: superficialmente e di fretta.
Per utilizzare correttamente la sandbox mentale serve una forte dose di empatia, di voglia di mettersi in discussione, di praticare una strada diversa. Lo scopo non è quello di trovare necessariamente una soluzione! Nessuno pretende che proprio tu trovi il sistema per combattere ingiustizie e controversie. Non sei tu che devi sbrogliare la matassa che si è creata attorno al Dalai Lama. Ma meditare e analizzare attivamente le varie assurdità quotidiane senza subirle passivamente serve per allenare la nostra intelligenza e per coltivare la nostra adattabilità: due caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza umana ecco perché è importante fare uso delle sandbox mentali.
Conclusioni
Sei nel tuo sicuro box di sabbia all’interno del tuo parco giochi mentale. La tua corteccia prefrontale sta lavorando come una pazza per capire quello che sta succedendo attorno a te. È difficile, faticoso, ma, in quel momento di “gioco” mentale dove ti poni continue domande ti permette di metterti in discussione e, in certi casi, cambiare:
“In ogni essere vivente si nasconde una dose di follia che scatena comportamenti bizzarri, a volte inspiegabili. Questa follia può costituire un’ancora di salvezza: è parte integrante della capacità di adattamento. Senza, nessuna specie al mondo sopravviverebbe.”
Yann Martell, scrittore canadese, conosciuto soprattutto per il libro Vita di Pi.
Vicino al tuo sandbox mentale, dove stai lentamente, ma caparbiamente, ragionando su quello che c’è di paradossale ultimamente, un altro vicino a te tenta di capirci qualcosa nella sua sandbox. Non sta però usando né empatia, né voglia di mettersi in gioco, né voglia di capire davvero una situazione. È lì che rimesta la sua sabbia, convinto di avere in mano la soluzione a tutto. Ma guarda bene la sua sabbia: è molto diversa dalla tua. È granulosa, un po’ puzzolente. Tu stai lavorando su te stesso nella tua bella sandbox, l’altro, ottuso e cocciuto, chiuso nel suo piccolo mondo sta sguazzando nella lettiera del gatto. Può provarci quanto gli pare a capirne qualcosa, ma se il suo stato mentale è unidirezionale, e non vuole contemplare un’altra visione del mondo, allora rimarrà sempre in mezzo alla pupù di gatto. E non se ne renderà neppure conto.
Costruisci anche tu la tua sandbox mentale, mettiti in discussione, approfondisci gli eventi, non rimanere passivo. Al prossimo articolo.