L’eccessiva o immotivata preoccupazione per il peso corporeo e la forma fisica spesso diventa ossessione. Quando ciò produce un insano cambiamento delle abitudini nutrizionali, si ha un disturbo alimentare. I tratti distintivi più frequenti di una persona con simili problematiche sono: sesso femminile, adolescente e occidentale. L’identikit però è in costante mutamento.
Infatti queste circostanze coinvolgono soggetti sempre più giovani a prescindere dal sesso. Inoltre non è raro riscontrarle pure in individui adulti, in diverse forme e livelli di entità. Mettiamo subito in chiaro un aspetto importante. I DCA o Disturbi del comportamento alimentare non sono “capricci”, fissazioni o semplici variazioni della dieta a scopo salutare o estetico.
In diversa misura si tratta di vere patologie da non sottovalutare o banalizzare. In molti casi hanno serie ripercussioni sul benessere psicofisico di chi ne soffre e di chi gli sta accanto. Di solito affrontiamo gli argomenti di crescita personale aggiungendo un pizzico di ironia. Con un disturbo alimentare però c’è poco da scherzare, quindi stavolta saremo più seri, ma precisi come sempre.
Le molte facce del disturbo alimentare
Quanti e quali sono i disturbi alimentari? Nella letteratura medica ne esistono diversi ma specifici. Ci sono addirittura delle scale di gravità in base alla frequenza con cui si manifestano. Tuttavia nella realtà la cosa è molto più elaborata. Alcuni di essi infatti si riscontrano nello stesso paziente in periodi differenti o sovrapponendosi. Ad ogni modo le forme più o meno conosciute sono:
Bulimia. Comprende episodi di abbuffata senza controllo sul cosa e sul quanto si mangia. Segue la “compensazione” eliminando il cibo con vomito, lassativi, diuretici o attività fisica esagerata.
Ortoressia. È un disturbo alimentare poco noto con selezione maniacale delle pietanze più “sane”.
Vigoressia. In sostanza è la paura di essere troppo esili. Il “rimedio” è l’allenamento spesso troppo intenso e l’alimentazione iperproteica. In alcuni casi si ricorre anche a sostanze anabolizzanti.
Picacismo. Chi ne soffre ingerisce sostanze e materiali non commestibili (terra, carta, ecc). Le conseguenze (problemi intestinali, intossicazioni, ecc), dipendono da cosa e da quanto si mangia.
Binge-eating Disorder. Il disturbo da alimentazione incontrollata è simile alla bulimia. Tuttavia manca l’eliminazione/smaltimento forzato del cibo. Il risultato più frequente è l’obesità.
Night eating syndrome. In questo caso si alterna una sorta di anoressia diurna ad un Binge-eating Disorder notturno. È grave quando turba le normali attività quotidiane o il ritmo sonno-veglia.
Anoressia nervosa. È il disturbo alimentare più diffuso e conosciuto. L’individuo mangia sempre meno, reprime la fame fino a spegnere lo stimolo. I danni progressivi sono sia fisici che mentali.
Disturbi dell’alimentazione sotto soglia. Sono tutte le alterazioni del comportamento alimentare che per forma o gravità non rientrano in una diagnosi precisa. Hanno natura ibrida e non definita.
Come si manifesta e come riconoscere un disturbo alimentare?
Come detto, il disturbo alimentare è una condizione complessa. Le sue varie forme danno infatti un ampio ventaglio di segnali compatibili pure con altre patologie. Sotto il profilo organico si evidenziano problemi: cardiovascolari, scheletrici, ematologici, gastrointestinali, endocrini, ecc.
Sotto quello psicologico invece si sviluppano: depressione, ansia, ecc. Inoltre alcuni DCA sono più insidiosi di altri. Ad esempio nell’anoressia la principale spia è l’evidente dimagrimento. Nella bulimia o nel Bing-eating Disorder invece l’aspetto fisico spesso resta apparentemente “normale”.
Per questo si usa il più specifico Indice di Massa Corporea (IMC). Il BMI, dall’inglese Body Mass Index, si ottiene dividendo il peso per l’altezza moltiplicata al quadrato. Un IMC normale è tra 18,5 e 24,9. Al di sotto o al di sopra di queste soglie c’è forse un problema da approfondire di più.
In un ambito così sfaccettato solo un medico, meglio un team di medici, ha qualifiche per una diagnosi efficace. Il guaio però è arrivarci e in tempo. I campanelli d’allarme sono più o meno gli stessi. Però un conto è notarli nel prossimo, un altro è vederli in sé stessi. Chi ha un disturbo alimentare infatti spesso lo ignora, lo nega, non vuole o non può smettere di averlo. L’autoanalisi di un DCA non è come fare un test di gravidanza. I principali sintomi dei disturbi alimentari sono:
- Forti sbalzi di peso (sia per difetto che per eccesso)
- Preoccupazione esagerata per la forma
- Comportamenti e rituali ossessivi a tavola (sminuzzare il cibo, escludere sempre più alimenti)
- Cercare conforto nel pasto, provare senso di colpa/ vergogna prima o dopo
- Cambi di umore e di personalità
- Interruzione del ciclo mestruale (donne)
- Consumare il cibo in solitudine
- Ossessione per il controllo o sensazione di perderlo nell’atto di sfamarsi
- Trascorrere troppo tempo in bagno dopo mangiato
- Attività fisica eccessiva
Cause d’origine dei DCA
Come nasce un disturbo alimentare? La domanda è difficile, la risposta ancora di più. I fattori sono “tanti, spesso concomitanti”, e creano dibattito nella stessa comunità scientifica. Ci sono infatti componenti genetiche, psicologiche, neurobiologiche, ambientali, familiari, sociali ed esperienziali.
Una cultura che propone o impone certi canoni di bellezza è un aspetto importante ma non determinante. Alcuni gruppi o settori di interesse sono più vulnerabili di altri. Un esempio è chi pratica sport come danza classica, bodybuilding, ginnastica artistica o lavora nella moda.
Altro “pilastro” dei DCA è la bassa autostima. Inoltre in quelli come l’anoressia, c’è anche una sorta di paura di crescere. Privarsi del cibo è dunque una cura al diventare grandi e responsabili. Uno schema simile si ha nella pregnoressia, cioè quando le donne incinte rifiutano l’aumento di peso.
Entro limiti, ingrassare in gravidanza è una conseguenza fisiologica naturale, in certa misura inevitabile, e anzi spesso necessaria. Come nel caso della bulimia, i rimedi sono diete e allenamenti estremi. In questo modo però si mette a rischio la salute e l’incolumità propria e del bambino.
Per finire, il classico rapporto causa-effetto, nel disturbo alimentare è un cane che si morde la coda. Un DCA produce depressione o ansia. Tuttavia i disagi emotivi a volte non sono il sintomo della patologia ma la sua fonte d’origine. Il cibo non è solo nutrizione ma un atto di adesione culturale. Si lega a significati e valori etici, storici e addirittura politici. Anche per questo, nel malessere emotivo, si passa o meno consapevolmente, dalla condivisione all’isolamento.
Come superare un disturbo alimentare
Non importa se leggi questa guida per te, per un partner o un familiare, sappi che un disturbo alimentare si supera. Il cammino non è facile né veloce, però il traguardo è raggiungibile. Una delle fasi più dure è ammettere il disagio, chiedere o accettare un aiuto. Infatti chi ha un DCA tratta il problema come una soluzione. Quel comportamento cioè crea l’illusione di dominare tutti gli altri aspetti e criticità della vita. Prima ancora del vero percorso terapeutico, viene quindi quello motivazionale. Questo è fondamentale come stimolo al cambiamento e alla guarigione.
In questa tappa del percorso conta poco la natura del disagio. Serve piuttosto capire e accettare che c’è. Il momento giusto non arriva per tutti allo stesso modo e non sempre in tempo. A volte infatti i soggetti toccano il fondo dopo più di un ricovero d’urgenza. In alcuni casi le condizioni sono tali da avere esiti tragici. La forza di volontà e il supporto dei cari sono elementi preziosi, però spesso da soli non bastano. Meglio affidarsi fin da subito a operatori o centri specializzati.
Lo scopo è una corretta diagnosi differenziale e una valida terapia mirata. L’approccio migliore è quello multidisciplinare, con sinergia di più figure (psicologi, psichiatri, nutrizionisti, internisti, ecc). Il base alla gravità della situazione si decide se iniziare la cura a casa o presso una struttura ospedaliera. Quest’ultima è anche necessaria per gestire eventuali fasi negative o complicanze.
Trovi i protocolli essenziali nel trattamento del disturbo alimentare in un documento del Ministero della Salute (pag 37). Altro riferimento sono le linee guida dell’American Psychiatric Association (pag. 5). Infine, nel caso non lo sapessi, dal 2018 ogni 15 marzo ricorre la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata ai DCA. Se come sempre ti siamo stati utili lasciaci un commento.